Le tappe di un viaggio nella terra di Camilleri, Pirandello, Sciascia, Tomasi di Lampedusa
Andrea Camilleri, l’autore del Commissario Montalbano, ci lasciato un anno fa dopo aver raccontato al mondo la Sicilia e la sicilianità tra vizi e virtù. Ci piace ricordarlo con la sua ironia contagiosa, con la sua curiosità e l’amore per la sua città d’origine e per Agrigento, rispettivamente “Vigata” e “Montelusa” nei suoi romanzi.
Andrea Camilleri nacque nella città marinara di Porto Empedocle agli inizi del novecento e visse lì un’infanzia “agricola e campestre”, come egli stesso amava definirla. Il tumulto letterario tutto intorno, da Pirandello a Sciascia, gettò le basi per quello che sarebbe stato il suo destino: la scrittura. Come molti, prima e dopo di lui, visse il contrasto tra l’amore per la sua Sicilia e la necessità di doversene allontanare per dare luce alla sua carriera. Così, quando durante un’intervista gli chiesero cosa gli mancasse della sua Terra, lui rispose «u scrusciu du mari». Il mare e la Sicilia sono però sempre rimasti al suo fianco, nel suo modo lento ed intenso di parlare e nel suo scrivere, semplice ed audace come solo chi è un cultore delle sfumature della lingua siciliana può saper fare.
U scrusciu du mari. Sembra essere presente in ogni pagina, in ogni rocambolesca avventura affrontata dal suo personaggio più noto, il Commissario Montalbano, nato dalla sua penna ed entrato nel cuore degli italiani grazie anche alla serie televisiva trasmessa su Rai1. Così, tra le vie della narrata Vigata si colgono i tratti inconfondibili della natia Porto Empedocle, mentre Montelusa costruisce i contorni del capoluogo Agrigento. E in questo scenario a volte immaginario, a volte evocativo, con astuzia e perspicacia il Commissario – magistralmente interpretato nella serie televisiva da Luca Zingaretti – risolve casi avvincenti, contornati dagli irresistibili sapori della cucina agrigentina, da personaggi autentici, introversi ed enigmatici, da tempi lenti, scanditi da piccole pause in cui volgere lo sguardo al Mediterraneo.
Camilleri è stato una personalità emblematica, un riferimento per la letteratura italiana del nostro tempo. È doveroso ricordarlo con il discoro conclusivo da lui tenuto in seguito alle «Conversazioni su Tiresia», il “cuntu” sul mitologico indovino greco nel quale lo stesso Autore racconta di essersi rivisto più e più volte nel corso della sua vita. Lo spettacolo è andato in scena al Teatro Greco di Siracusa nel giugno 2018. Sono stati più di quattromila gli spettatori che hanno potuto godere di quello che a noi rimane, oggi, come il testamento spirituale di Andrea Camilleri.
«Novantatré anni, sono tantissimi! E ho fatto il regista, di teatro, di televisione, di radio. Ho scritto più di cento romanzi. Un mio personaggio, Montalbano, percorre felicemente il mondo. Poteva bastarmi, no? No, non m’è bastato. Perché a novant’anni, diventato cieco, m’è venuta una curiosità immensa di capire…no, di capire no! È un verbo sbagliato. Non si può capire. Ma di “intuire” cosa sia l’eternità. Quell’eternità che ormai sento così vicina a me. E allora ho pensato che venendo qui, in questo Teatro, fra queste pietre veramente eterne, sarei riuscito ad averne almeno un’intuizione. Vi chiederete cosa faccio e cosa vivo. Bene. Attualmente vivo a Brooklyn e campo la vita vendendo cerini e ogni tanto faccio una comparsata a cinema. Ma è avvenuto il miracolo. Un regista (lui stesso n.d.r.) mi ha chiesto di fare la parte di Tiresia. E finalmente, dopo secoli, persona e personaggio si sono finalmente ricongiunti. Vorrei dirvi ancora una cosa. Mi piacerebbe che ci rincotrassimo. Tutti quanti. Qui, in una sera come questa. Tra cento anni.»
Addio Maestro, il suo retaggio camminerà per sempre nei cuori e nei pensieri di tutti noi.
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