Personalità

Empedocle di Agrigento

Empedocle, uno dei padri nobili della filosofia è nato e vissuto nei luoghi che oggi costituiscono la Valle dei Templi di Agrigento. Essendo fra i personaggi più eclettici, controversi e geniali dell’età classica, la figura Empedocle è stata celebrata in ogni età. Nel I sec. a.C. Lucrezio lo elogia nel libro primo del “De rerum natura”; nel 1300 Dante nel IV Canto dell’Inferno lo pone fra gli “spiriti magni”; nel Rinascimento Raffaello lo raffigura nell’affresco “La Scuola di Atene” collocandolo, così come aveva fatto Dante, tra i padri illustri della filosofia; nell’1800 il poeta Romantico Friedrich Hölderlin dedica al filosofo di Agrigento un pregevole dramma “Der Tod des Empedokles” in riferimento ad una delle leggende sulla sua morte. Empedocle nacque intorno al 490 a.C. ad Akragas da nobile famiglia: ciò non di meno fu contro ogni forma di tirannia e il più strenuo difensore delle istituzioni democratiche della sua città. Idee che ad un certo punto lo costrinsero all’esilio. Empedocle fu medico, poeta, filosofo, taumaturgo, ingegnere. Alcune sue intuizioni sulla circolazione sanguigna e la respirazione cutanea, assieme alla la scoperta del labirinto dell’orecchio interno, lo pongono fra i padri della medicina. Di Empedocle ci sono pervenuti circa 500 frammenti di due poemi filosofici di non facile interpretazione: uno “Sulla Natura” e uno sulle “Purificazioni”, ad oggi, entrambi oggetto di studi.

Alcuni moderni studiosi come E. Zeller, E. Bignone e P. Kinsley, ritengono che la filosofia naturalistica del primo poema possa essere intesa come il primo gradino di una conoscenza, di un’ iniziazione ad una dottrina segreta che si sviluppa nel secondo poema d’impronta mistico-religiosa. Empedocle distingue tra “elementi” e “composti”: i primi sono stabili, contraddistinti dalla “permanenza”, mentre i secondi sono “mutevoli”, soggetti al cambiamento. Nella visione di Empedocle, infatti, la realtà deriva da quattro radici o elementi: l’acqua, l’aria, la terra e il fuoco, che insieme rappresentano il principio irriducibile ed eterno della materia. Questi quattro elementi, però, in vari gradi, si mescolano e si separano sotto l’influsso di due forze opposte: la forza unificante dell’ “Amicizia” e la forza disgregante della “Discordia” che insieme danno vita al ciclo cosmico nascita-morte-rinascita. In tal modo Empedocle concilia in modo originale  la divergenza tra la visione dell’Essere di Parmenide, basata sulla “immutabilità”, e quella di Eraclito, basata sul “divenire”. Per Empedocle esiste anche una legge morale che fa espiare agli uomini, attraverso una serie successive di nascite e morti, le violenze, i delitti commessi sotto l’influsso nefasto della Discordia: l’anima che si macchia di reati di sangue, per purificarsi, sarà costretta addirittura a reincarnarsi per diecimila anni.

Lui stesso rivela di essere stato “un tempo fanciullo e fanciulla, arbusto e uccello e muto pesce”. Empedocle viaggiò molto e in Oriente apprese la “Teurgia”: un sapere occulto che consentiva d’entrare in relazione con l’aldilà e le divinità per compiere sortilegi e miracolose guarigioni. Infatti, pare che Empedocle riportò in vita la giovane Pantea ritenuta da giorni morta. In qualità di ingegnere, per liberare la propria città dall’afa estiva, fece praticare un enorme varco a forma di scafo sulla parete rocciosa che univa, a nord, i due colli dell’attuale centro storico, convogliando così  l’aria fresca di tramontana sull’abitato, situato più a sud. Molte le leggende sono nate intorno alla sua morte, la più nota è quella che lo vide scomparire nel cratere dell’Etna: forse in ossequio al suo incoercibile spirito indagatore o magari perché vinto dalla malinconia dell’esilio. Le sue riflessioni etiche precorrono quelle di Democrito, Socrate, Platone e Kant. Altre sue idee permeano la letteratura alchemica, la fisica meccanica di Lavoisier e la psicoanalisi, in particolare, quella di Jung. E tuttavia il pensiero di Empedocle resta ancora lontano dall’essere compiutamente decifrato.

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