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Ancora oggi, durante la festa a lui dedicata, si assiste a dei pellegrinaggi a piedi nudi fino al suo Santuario e all’offerta di pani ex-voto a forma delle parti del corpo guarite per grazia ricevuta. Nero di carnagione quanto il mistero che lo avvolge, questo “venerabile vecchio” è giunto in Sicilia in tempi remoti. Calogero è un nome d’origine greca “kalos-gheros”, letteralmente “bel-vecchio” anche se “venerabile vecchio” è il significato più plausibile dato che nel lessico greco la “bellezza” non è un attributo solo di ordine estetico ma esprime un ideale di perfezione fisica e morale. Pare che “Calogero” fosse, addirittura, un appellativo dato a tutti gli asceti, ai monaci eremiti che vivevano la propria esistenza ritirati in preghiera all’interno di grotte e luoghi solitari. Attingendo alle varie tradizioni e alle poche fonti agiografiche, sembra che Calogero nacque nel V secolo d. C. a Calcedonia, una città non distante da Costantinopoli, capitale dell’impero romano d’oriente. Sono gli anni in cui l’impero romano d’occidente comincia a sfaldarsi sotto il peso delle invasioni barbariche che gettano i territori di Roma in una crisi profonda. Le continue scorrerie fermano l’agricoltura e i commerci. Le condizioni di vita si degradano: compaiono ovunque carestia ed epidemie.
In questo scenario, Calogero giunse in Sicilia, forse per ispirazione divina, forse per sottrarsi alle aspre dispute che agitavano la chiesa ortodossa di allora. Il “venerabile vecchio” gira tutta l’Isola, sostando in tanti paesi fra cui anche Naro e Sciacca. Dimorava in grotte isolate da cui si recava nei paesi vicini per officiare i sacramenti e curare gli ammalati con rimedi miracolosi preparati attingendo ad un antico sapere medico. Raccoglieva per i bisognosi anche del cibo: tradizione rievocata in passato durante la Festa di San Calogero di Agrigento con il “lancio del pane”. I Siciliani amarono moltissimo questo benefico monaco, o forse, monaci. Ebbene sì, forse, Calogero, non era solo in questa missione. Dopotutto “Calogero” era il nome attribuito a tutti gli eremiti: a maggior ragione ad eventuali monaci d’uno stesso ordine con medesimi abiti ed usi. Ciò spiegherebbe una tradizione così tanto diffusa nell’Isola e le tante grotte-dimore attribuite ad un unico santo. Pare che la chiesa di San Calogero, nell’attuale centro storico di Agrigento, sia sorta sopra una delle grotte abitate dal Santo Nero. Negli otto giorni di festa, dalla prima alla seconda domenica di Luglio, questa devozione, tra fede ed antiche tradizioni popolari, esplode in un tripudio che invade tutta la città.
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